real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

Sembra quasi impossibile, eppure sono già passati dodici mesi dall’inizio ufficiale della pandemia e ancora una volta ci troviamo alle prese con un altro lockdown. Il che implica necessariamente di rimettere in campo gli spazi delle nostre case per dare una location alle diverse attività dei componenti i nuclei famigliari.

Sì, è vero rispetto a dodici mesi fa siamo più preparati e la riconversione di camerette e soggiorni in aule e uffici ha richiesto solo qualche minimo spostamento di suppellettili, ma tuttavia, è una situazione che mette a dura prova il nostro sistema.

Spostando il punto di osservazione dal nostro micro-cosmo personale verso uno scenario più macro, ovvero le città, queste ultime sono quelle che hanno fornito più di tutte un’iconografia di questi sospesi intervallati da lockdown e regioni a colori.

Credo che tutti noi non ci toglieremo mai dalla mente, l’immagine quasi irreale di una Milano vuota con le torri di uffici, come scatole vuote e silenziosa se non per il suono delle sirene. Ma quello che è venuto alla luce dopo un anno dall’avvio della pandemia, è come ci siamo ritrovati a ripensare il nostro rapporto con le città.

Per molto tempo, molti di noi abbiamo organizzato le nostre vite sul ritmo di casa/lavoro ritenendo che la scelta migliore era quella di andare a vivere a breve distanza dal proprio posto di lavoro in modo tale da ridurre al minimo il tempo per gli spostamenti. Tutto ciò ha portato a concentrare l’attenzione degli investitori e del mercato soprattutto su Milano e Roma e qualche altra grande città dal passato industriale come ad esempio Torino.

Ma nel paese dei mille campanili, c’è un universo di centri di medie dimensioni che grazie ad un mercato immobiliare importante ha visto un crescente interesse da parte di molti acquirenti.  Ma quali sono le caratteristiche del mercato immobiliare delle città di medie dimensioni che attraggono l’interesse di potenziali acquirenti? Abitazioni dalle dimensioni più ampie spesso con spazi esterni vivibili, ritmi di vita meno frenetica senza che questo significhi
minore operatività, la dimensione della città a 15 minuti e in ultimo ma non per questo meno importanti quotazioni al metro quadro più contenute.

Tra queste città medie, una in particolare ha drammaticamente attirato l’attenzione di molti osservatori nazionali ed internazionali nell’anno del Covid: Bergamo. La città che ha pagato un prezzo altissimo nella prima ondata della pandemia è risultata essere, nella seconda metà del 2020, una delle città più vivaci dal punto di vista del mercato immobiliare, che a livello  provinciale ha registrato, secondo quanto emerge dai dati dell’Agenzia delle Entrate, nella seconda metà del 2020 una crescita di circa il 15% rispetto all’anno precedente.

Inoltre, la città coniuga realtà produttive di respiro internazionale con un patrimonio artistico-culturale di rilievo, in un’area centrale per il sistema infrastrutturale del nord Italia.

Un mercato immobiliare che è frutto del combinato disposto di un patrimonio costituito da immobili di qualità e aree di riqualificazione con un’amministrazione attenta al tema dell’attrattività del territorio e del dialogo tra pubblico e privato. In questo contesto, l’amministrazione di Bergamo rappresenta un benchmark importante, in considerazione dell’attenzione che il sindaco Giorgio Gori in prima persona ha mostrato per questa tematica letta anche come la capacità di dare vita a driver di attrattività della città.

Non a caso nella città orobica sono state avviate alcune importanti operazioni di rigenerazione urbana di ex aree a destinazione produttiva o logistica che si preparano a rappresentare delle nuove centralità, quali Chorus Life già in corso di esecuzione, oppure Porta Sud, attualmente in fase di avvio.

Il tema della rigenerazione urbana è tornato prepotentemente al centro del dibattito, soprattutto coniugato con il tema dei cambiamenti che le nostre città dovranno affrontare: la
rigenerazione è stata al centro delle trasformazioni urbanistiche degli ultimi anni, tanto da aver assunto via via un posto centrale nelle programmazioni delle pubbliche amministrazioni e nelle attività degli operatori del settore del real estate.

La centralità e la complessità della tematica portano a galla, tuttavia, un limite del sistema paese: la rigenerazione urbana, così come molti altri aspetti della filiera delle costruzioni e del real estate, entra solo marginalmente nelle strategie e nelle politiche di sviluppo del paese, quasi dimenticando che la riqualificazione è un dovere per il miglioramento della qualità di vita dei cittadini e rappresenta una premialità per l’attrazione di investitori, fatta salva la necessità di regole chiare e tempi certi.

Bergamo è un esempio ma molte altre sono le realtà urbane che potrebbero reinterpretare il proprio ruolo grazie a modelli di rigenerazione urbana che fanno della tecnologia, dell’innovazione e di un dialogo costruttivo con le pubbliche amministrazioni gli elementi fondanti per un progetto di successo.