real estate

Il rischio di una nuova chiusura per la possibile ripresa dei contagi ha fatto riemergere con forza il tema del modello di città che potrà rispondere al meglio a questo “new normal”.

Milano, che in questi anni ha rappresentato il centro nevralgico degli investimenti e della crescita del paese, si trova ad affrontare – come tutto il paese – un autunno dai contorni indefiniti e con la minaccia della ripresa dell’epidemia a fare da sfondo.

Ma partiamo dall’inizio..  Milano che ha catalizzato il 40% degli investimenti del real estate nello scorso anno ha un’economia basata principalmente sul settore dei servizi che grazie ad EXPO ha assunto anche lo skill di mèta turistica.

Se lo skyline della nuova Milano ha il contorno definito delle torri che sono state costruite nel corso degli ultimi anni e nei progetti di investimenti dei principali player erano previsti nuovi sviluppi di tipo direzionale e di strutture dedicate ad ospitare gli studenti degli atenei ambrosiani, oggi si pone il problema che forse una parte di quello che era fino a ieri il mercato di riferimento abbia deciso di rivedere i propri stili di vita e di lavoro.

Le misure che potranno essere messe in campo per il mercato, inevitabilmente influenzato dall’epidemia, dovranno essere orientate alla definizione di strategie di politica urbanistica che
interpretano le infrastrutture immobiliari in maniera differente, in particolare sotto l’aspetto della flessibilità nella gestione degli spazi per rispondere in modo adeguato alle esigenze della
domanda.

A questo fa eco la necessità di rivedere il concetto di quartiere: lontani dal modello di parti di città dedicate esclusivamente a determinate funzioni, è necessario interpretare la rigenerazione urbana con un’attenzione particolare alla presenza di strutture commerciali e di servizi di prossimità.

Ciò che va assumendo un peso crescente è quello che viene definito la “città dei 15 minuti”, proposta dal Sindaco di Parigi e fatta propria anche dalla città di Milano nella definizione del suo piano di sviluppo urbanistico Milano 2020.

Il modello che ha visto la luce nell’alveo dell’urbanistica nel 1923, risponde ad una domanda ancora molto attuale ovvero di qualità della vita dal punto di vista sociale, ambientale e che vede il crescere di più centralità in grado di garantire ai propri residenti se non tutti, buona parte dei servizi e delle attività di cui i residenti in una determinata area possono necessitare.

Il Modello Milano ha senza ombra di dubbio la sua valenza e rappresenta un’eccellenza nel sistema nazionale, contribuendo in modo determinante al PIL della regione e della nazione ma non c’è dubbio che non possa essere interpretato in maniera acritica. La centralità del modello Milano e la sua tenuta a livello nazionale ed internazionale non può prescindere dalla consapevolezza che il capoluogo  lombardo fa parte di un’area più vasta in cui vi sono anche altre realtà che possono rappresentare dei poli attrattivi di interesse per il mercato e per gli investitori.