real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

Il graduale ritorno alla normalità ha coinciso anche con la ripresa delle competizioni sportive e dei vari campionati nazionali e mondiali inevitabilmente fermati dalla pandemia.

Il ritorno delle competizioni calcistiche anche se in stadi vuoti ha riempito nuovamente il vuoto lasciato da questo lungo periodo di fermo per gli appassionati orfani dell’appuntamento settimanale o infrasettimanale.

Il mese di luglio ha visto finalmente anche l’inizio delle competizioni automobilistiche del mondiale di Formula 1, anche se in versione ridotta e ritmo serrato.

Questo strano avvio del campionato del mondo ha avuto come scenario il circuito austriaco Red Bull Ring, un percorso un po’ fuori dalle convenzioni dettate dall’architettura delle piste dedicate all’automobilismo.

E proprio una delle architetture più iconiche che ha nel circuito italiano di Monza il suo tempio e la sua consacrazione sportiva, è stata negli ultimi anni oggetto di profonde rivisitazioni volte a valorizzare un’infrastruttura immobiliare che rischia di venire ben poco utilizzata al di là delle gare e del pre-gara in calendario e qualche test drive.

Il progettista che ha incarnato questa nouvelle vague nell’architettura dei circuiti è l’austriaco Hermann Tilke, che ha dato forma a ben 12 circuiti e rivisitato tra rettilinei e chicane alcuni importanti sedi storiche del campionato del mondo.

Non sempre amato dai puristi della velocità che vedono nei profili definiti poca adrenalina se paragonate alla parabolica briantea, all’ingegnere si devono alcuni interessati esempi di infrastruttura sportiva al di là della pista.

Uno su tutti che coniuga questa doppia anima di bellezza estetica e di insipidezza motoristica: lo Yas Marina ad Abu Dhabi, designato come una tra le ultime tappe del mondiale quando il  titolo piloti è già praticamente assegnato.

Dal punto di vista del disegno della pista, quindi, l’opera di Tilke può più o meno piacere, ma quello che emerge con forza al di là dell’infrastruttura minima per lo svolgimento della gara, sembrano garantire performance più coerenti con le attuali necessità di sicurezza e di gestione degli spazi complessivi.

Gestione che consente ai circuiti di avere una vita oltre la gara, ospitando eventi e  proponendo un’offerta qualificata in termini di entertainment e ricettività.

Un ripensamento dell’infrastruttura sportiva emerge prepotentemente anche nel nostro paese dove il patrimonio di infrastrutture sportive, in particolare gli stadi di calcio, templi dello sport più amato dagli italiani che tuttavia ancora oggi, nella maggior parte dei casi, strizzano l’occhio al secolo scorso.

Gli impianti sportivi per rispondere in modo adeguato alle nuove tendenze in termini di  sicurezza e di gestione della complessa parte impiantistica, e per generare ulteriori ricavi  oltre a quelli derivanti dalla vendita dei biglietti devono necessariamente poter ospitare altre attività in grado di far gravitare sull’impianto i visitatori al di là dei momenti canonici della competizione.

L’importanza del tema è testimoniata dal coinvolgimento di importanti nomi dell’architettura nazionale nella progettazione di alcune strutture in importanti centri urbani, in un’ottica di rigenerazione e riqualificazione che va a coinvolgere la porzione di città interessata dall’infrastruttura.

Negli ultimi mesi si è molto parlato di edifici che devono necessariamente poter ospitare più funzioni proprio in considerazione dei cambiamenti che la pandemia ha accelerato, anche le infrastrutture sportive nel loro complesso devono poter ospitare più funzioni in grado di garantire alla struttura dei cash flow certi che consentano agli investitori di valutare anche questa tipologia come un asset class di interesse.

Foto di gammino250