I numeri del settore che ha rappresentato un’eccellenza del nostro paese sono, dieci anni dopo l’inizio della crisi, ancora sconfortanti.
Infatti, secondo quanto registrato dal Centro Studi dell’Associazione dei Costruttori Edili (ANCE), dall’inizio della crisi del 2008 sono uscite dal mercato 120.000 imprese con una perdita in termini di forza lavoro di circa 600.000 addetti.
Un settore incentrato su imprese famigliari di grande tradizione che hanno fatto di questa condizione una caratteristica identitaria distintiva che tuttavia ha rappresentato, talvolta, un freno alla crescita e allo sviluppo.
Se è vero che nel sistema camerale nazionale, il numero di realtà aziendali con il codice Ateco delle costruzioni raggiunge un livello elevato, la realtà, dal punto di vista strutturale fotografa una situazione di aziende di dimensioni che possono essere definite micro: circa 1,5 addetti per azienda, ovvero nell’alveo dell’impresa artigiana.
In questo scenario, le grandi aziende nazionali che rappresentano dei giganti per il nostro sistema delle costruzioni sono veramente poche e si scontrano con realtà internazionali di dimensioni decisamente più importanti.
E la crisi ha colpito tutte le imprese in ogni ordine di grandezza, come testimoniato dal caso Condotte, storica azienda italiana che opera dalla fine dell’ottocento e che proprio in questi giorni ha visto la nomina dei commissari straordinari che si dovranno occupare di portare l’impresa alla negoziazione con il sistema bancario.
La sfida della rigenerazione urbana, che rappresenterà una delle nicchie di mercato più rilevanti nello scenario futuro, rischia di essere ad appannaggio delle grandi imprese straniere in grado di “reggere” il peso di opere complesse sia dal punto di vista progettuale che sotto gli aspetti realizzativi.
Se la dimensione è strada non percorribile per le più svariate ragioni, è anche vero che le imprese che hanno resistito nel corso di questi lunghi anni di difficoltà, sono quelle che più di altre hanno saputo rispondere positivamente ai driver dell’innovazione.
Innovazione di prodotto ma soprattutto di processo, con una costante attenzione a ridisegnare la propria struttura aziendale, nell’ottica di progetti “chiavi in mano” dalla progettazione alla gestione, dove l’innovazione e l’integrazione di filiera con altre realtà sono viste come fattore competitivo di successo e non meramente nell’ottica del raggiungimento di economie di scala.
Come recentemente sottolineato dalla società di consulenza MC Kinsey nella ricerca “How innovation is reshaping Europe’s urban environment”, il nuovo prodotto edilizio si deve caratterizzare per un prodotto finale “su misura”, il che presuppone imprese in grado di configurare il prodotto al di fuori degli schemi tradizionali.
Anche in questa direzione si muoverà “FIDEC”, la manifestazione promossa dal sistema delle costruzioni nel suo complesso che si terrà a Milano nel mese di novembre.
Grazie al racconto di imprese che ce l’hanno fatta, anche a costo di cambiamenti radicali importanti, il sistema avrà la possibilità di individuare alcuni dei driver di sviluppo che possono
aiutare le aziende a emergere dalle nebbie in cui la crisi del 2008 le ha avvolte.
E come l’Araba Fenice il sistema delle costruzioni nazionali deve risorgere dalle proprie ceneri facendo leva sul potere della resilienza.