real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

Lavazza, una delle eccellenze nel mondo del caffè e azienda italiana con 125 anni di storia, ha recentemente inaugurato il suo nuovo centro direzionale a Torino a pochi passi dalla sede storica della società. L’intervento si inserisce in un generale processo di riqualificazione del quartiere Aurora, che ha visto nella realizzazione del nuovo centro direzionale Lavazza il motore di un’intera operazione di riqualificazione dell’area.

L’imponente edificio moderno, inserito nel crocevia di alcune importanti arterie viarie del capoluogo piemontese, integra perfettamente le sue linee sinuose con il tradizionale razionalismo degli edifici del secolo scorso.

Il progetto ha avuto inizio nel 2008 con la scelta da parte della società di “investire” tempo, energie e risorse nella realizzazione della nuova sede: la visione strategica del management dell’azienda è stata quella di identificare un’area nella stessa zona di Torino dove l’impresa aveva da sempre il suo quartier generale, che aveva rappresentato fino al 1965 un esempio di stabilimento innovativo grazie al  ciclo di lavorazione “a caduta” che permetteva di trattare diverse tonnellate di caffè al giorno tramite un processo di produzione verticale, prima che venisse aperto il più grande stabilimento di torrefazione d’Europa a Settimo Torinese.

Ma torniamo alla nuova sede degli uffici direzionali. Solo alcuni numeri per inquadrare l’operazione:

  • 15.000 mq di uffici su una superficie dell’isolato di 18.500 mq;
  • 1.600 mq di museo e archivio storico;
  • 6.600 mq di spazio multifunzionale (4.000 mq destinati ad area eventi, bistrot, ristorante gastronomico, sale congressi e 2.600 mq che ospitano lo IAAD con 500 studenti);
  • 3.500 mq di piazza verde;
  • 130 milioni di € di investimento, attraverso un leasing in costruendo che permetterà alla società di ripagare l’investimento in 16 anni.

La scelta della location è caduta sull’ex-area industriale Enel, una grande superficie in disuso che è stata oggetto di recupero in collaborazione con le istituzioni locali e dei cittadini. In questo contesto la nuova sede si è sviluppata come una Nuvola su un intero isolato della città di Torino, tra via Bologna, largo Brescia, corso Palermo e via Ancona, coprendo una superficie costruita di circa 30.000 mq.

Dopo un concorso di idee che ha visto coinvolti quattro studi di progettazione, è stato scelto il progetto proposto da Cino Zucchi Architetti. Il masterplan dell’intervento ha compreso non solo la nuova sede con tutti gli uffici Lavazza e i servizi ricreativi ad essi connessi, ma anche il recupero di due edifici industriali preesistenti.

In uno verrà ospitato il museo aziendale dedicato alla storia del marchio, curato da uno studio di architettura specializzato nella realizzazione di musei d’impresa. L’altro, invece, è uno spazio multifunzionale attualmente già utilizzato in parte come mensa aziendale aperta al pubblico, in grado di proporre un’offerta gastronomica variegata che spazia dallo street food, alla cucina
tradizionale e al vegetariano. Nei mesi vi aprirà anche un ristorante sotto l’egida dello chef stellato Ferran Adrià, con la scenografia di Dante Ferretti, che potrà anche essere utilizzato per grandi eventi. L’edificio, dal 2015, ospita anche lo IAAD, l’istituto di arte applicata, che così come gli altri immobili si trova in una grande piazza-giardino aperta all’uso collettivo.

Le fasi della realizzazione dell’intervento sono partite dalla demolizione dei manufatti, in parte interrati, di archeologia industriale presenti sul sito e dalla parziale manutenzione di alcune porzioni delle preesistenze. L’operazione, effettuata in stretto coordinamento con la Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte, è stata seguita dalla bonifica del sottosuolo per raccordare l’area dell’intervento al parcheggio pubblico interrato, di circa 180 posti auto a cui si aggiungono i 200 posti auto del parcheggio interrato sotto l’edificio principale ad uso esclusivo del personale Lavazza.

Nel corso dei lavori, nell’area tra Corso Palermo e via Ancona, è stata ritrovata la Basilica Paleocristiana di San Secondo, emersa a seguito della demolizione del preesistente capannone. I pilastri dell’edificio, quindi, poggiano su micro pali mentre le antichità sono protette da una struttura metallica e da una vetrata che rende visibili gli scavi dal marciapiede.

Le successive fasi di cantiere hanno riguardato la realizzazione dell’involucro, che è l’elemento caratterizzante l’intervento. Innanzitutto è stato usato un sistema per facciate continue leggere
a montanti-traversi.  Poi sono presenti altri elementi vetrati di maggiori dimensioni, chiamati “macro elementi” o “macro figure”, che arrivano fino a terra contribuendo alla schermatura dai raggi solari e creando un notevole effetto chiaroscurale nelle diverse stagioni e ore del giorno. Infine, alle chiusure verticali di facciata, si aggiunge una complessa copertura vetrata dal duplice andamento curvilineo, i cui lucernari portano illuminazione naturale al sottostante atrio di ingresso dell’edificio, da cui parte la scala principale caratterizzata da un andamento fluido che sale fino al terzo piano dove si apre una terrazza da cui poter godere di una vista panoramica su Torino e sulle montagne circostanti.

Le opere di urbanizzazione hanno riguardato l’incrocio di Corso Palermo, via Bologna e Largo Brescia e si caratterizzano per una singolare modularità di tante isole che, nella loro materialità, ricordano i chicchi di caffè.

Indubbiamente è stata un’operazione importante, sia dal punto di vista tecnologico e architettonico ma anche dal punto di vista di scambio e dialogo con la città. Infatti, anche se l’isolato è rimasto chiuso per due anni, in questo lasso temporale il dialogo con i residenti della zona è stato comunque intenso per informarli sul procedere del cantiere, sia grazie al sito internet che ad incontri ed aggiornamenti sull’andamento dei lavori. Per il dialogo con la città e con l’amministrazione comunale è stata molto importante la volontà dell’azienda di rimanere a poca distanza dalla sede storica e la voglia di restituire qualcosa di importante alla città grazie alla riqualificazione di quell’area in disuso.

Ancora una volta un dialogo intelligente tra pubblico e privato ha consentito di dare vita ad un’operazione di successo sia dal punto di vista architettonico, che di quello della riqualificazione e rigenerazione urbana.