real estate

Amare un settore come quello delle costruzioni e del real estate, viverci dentro e sentirlo parte del proprio DNA non significa non vederne le fragilità e le piccole chiusure.

Chi in quei settori ci è cresciuto dal punto di vista professionale non può non vedere come il suo mondo nel suo complesso già profondamente colpito dalla crisi del 2008, ma che dal 2013-2014 aveva ripreso il proprio vigore almeno nelle città principali, si trovano ora ad affrontare una nuova sfida su un terreno di gioco che diventa sempre più competitivo ed agguerrito.

Agguerrito soprattutto per quanto attiene il lato dei committenti sempre più attenti ad ottenere il prodotto migliore e adeguate ai desiderata ad un prezzo sempre più risicato, che si scontra con un’asimmetria contrattuale che vede la parte operativa oberata di costi crescenti e
committenti non sempre pronti ad adeguare i contratti.

Competitivo per il limitato numero di player in grado di avere un potere contrattuale che le ponga se non allo stesso livello almeno vicini ai committenti istituzionali.

Tuttavia, come sottolineato da molti osservatori del settore, la struttura societaria in essere per la maggior parte degli operatori nel nostro paese, pur con una tradizione consolidata soffre di nanismo e di scarsa propensione alla struttura e all’organizzazione tipica invece del mondo industriale in senso stretto.

Strutture aziendali non sempre adeguate a competere e soprattutto a rispondere in modo rapido alle sollecitazioni che un’industria tradizionale come quella del settore delle costruzioni rappresenta, legata ancora a paradigma di una prassi consolidata.

Resta inteso che la trasformazione e la capacità di adattamento al new normal del mercato, in termini di player è un processo sicuramente non indolore ma inevitabile.

I driver che dall’inizio della crisi del 2008, vengono riproposti come mantra ma che solo in poche occasioni sono stati perseguiti sono noti: l’innovazione che consente attraverso l’industrializzazione del processo di costruzione di velocizzare i tempi di realizzazione delle opere, la gestione manageriale dell’azienda che ragioni nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi e i capitali di rischio in grado di supportare eventuali processi di crescita.

Portando all’estremo le similitudini, il settore delle costruzioni e i suoi player in certo momenti evocano le magnifiche trasposizioni cinematografiche di un genio della regia come Luchino Visconti della cronaca tragicamente realistica di Tomasi di Lampedusa di una Sicilia a tratti incapace di accettare il cambiamento a seguito dell’unità d’Italia, ove emerge l’atteggiamento sdegnoso del Principe Salina nei confronti di Don Calogero Sedara, self-made man dalle molte risorse e il desiderio dichiarato che tutto cambi affinché tutto rimanga come è sempre stato.