A valle di questi mesi e in concomitanza con la progressiva fine del periodo di lockdown, si tirano le somme delle misure che sono state messe in atto dal governo, in particolare in tema di ambiente costruito.
La misura che appare con maggiore enfasi su molte delle testate è quella relativa alle misure di agevolazione fiscale per l’efficientamento energetico.
Una misura sicuramente importante che porterà nelle tasche di molti proprietari di casa e conduttori un buon flusso di liquidità, anche se plasmata su cinque anni, con il fine di efficientare gli edifici dal punto di vista energetico e ridurre il rischio sismico di un patrimonio immobiliare come quello italiano che unisce ad una generalizzata bellezza anche un tasso di vetustà piuttosto elevato a cui corrisponde una classe energetica ben lontana dalla classe A richiesta per le nuove realizzazioni.
Bene: questo è sicuramente un primo interessante passo per far ripartire quella tipologia di imprese che sono rappresentative del mondo degli artigiani e sostenere la componente di manutenzione straordinaria che ha rappresentato la voce più significativa degli investimenti in costruzione nel corso degli anni dopo la crisi.
Tuttavia, il settore delle costruzioni e del real estate come più volte sottolineato è un vero e proprio comparto industriale complesso ed articolato, che pesa per il 22% sul PIL nazionale.
Nella sua complessa composizione ci sono moltissime realtà che possono essere identificate con il modello imprenditoriale medio tradizionale del nostro paese e un limitato numero di imprese di grandi dimensioni che dialogano con il mondo degli investitori istituzionali e dei grandi committenti.
Sono proprio queste realtà di medie dimensioni quelle che rischiano di pagare il prezzo più alto nella fase del dopo Covid19. Il rallentamento conseguente il lockdown ha spostato di due almeno due tre mesi l’avvio o la conclusione delle opere in corso, ed è proprio per questo che da molte parti si avanza la richiesta di una velocizzazione delle pratiche amministrative e uno snellimento burocratico.
D’altro canto, le imprese di dimensioni più grandi chiedono a gran voce una politica industriale che guardi a questo settore nel suo complesso prendendo in considerazione anche quelle politiche di rigenerazione urbana che potrebbero portare alla valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente.
Rigenerazione urbana che può essere fondamentale anche per le città di media dimensione, che sono quelle che si teme soffriranno di più e vivranno più lentamente la ripresa.
Perché se è vero i piccoli centri potrebbero beneficiare dell’interesse dei “cittadini” desiderosi di natura e spazi, le città di medie dimensioni potrebbero soffrire molto nello sviluppo di nuove centralità se non concepite secondo paradigmi moderni.
Diverso, invece, lo scenario per le città di maggiori dimensioni e elevato grado di attrattività.
In particolare, Milano si conferma nonostante la pandemia ancora uno il centro di attrazione degli interessi degli investitori internazionali che nel peggiore dei casi hanno posticipato di qualche mese gli investimenti in pipeline. Roma, al secondo posto come sempre nel corso di questi anni, soffre di problemi endogeni ed indipendenti dall’attuale situazione pandemica. Un discorso diverso per Venezia che rappresenta da sempre una location con un elevato grado di complessità ed un mercato di investitori di nicchia, legati a doppio filo al tema della ricettività e del luxury.
L’attuale situazione è andata a inserirsi in un contesto di mercato in cui la ripresa del settore era oggettivamente a macchia di leopardo, con alcune location che hanno performato meglio rispetto ad altre. In questo contesto, pur essendo tutte le richieste legittime e comprensibili, diventa sempre più centrale la collaborazione tra le amministrazioni locali e gli attori della filiera. Attori a cui viene richiesto di ripensare il proprio ruolo non come semplice assemblatori ma, come veri propri pianificatori della rigenerazione e dello sviluppo con un’ottica di dialogo constante con l’ambiente circostante e con i mutati bisogni degli utilizzatori finali.