real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

Uno dei principali effetti che molti osservatori dello scenario economico hanno messo in evidenza è che il Covid-19 porta con sé oltre ai noti effetti sulla salute pubblica anche una profonda crisi di liquidità.

Crisi di liquidità che andrà a colpire non solo le persone che per effetto della pandemia perderanno il proprio lavoro, ma anche per le imprese che sono state costrette a ridurre la propria attività e hanno visto calare significativamente i propri fatturati.

Se questo è vero per la maggioranza delle entità del sistema economico nazionale, questo è ancora più vero per le imprese del settore delle costruzioni, tradizionalmente legate a doppio filo al sistema creditizio tradizionale.

La presenza di imprese del settore sul mercato finanziario italiano è quanto più di esiguo ci possa essere ed è talmente residuale da non costituire una vera e propria asset class per gli investitori istituzionali nel capitale di rischio.

Segmento quello del private equity e del venture capital che ha con il nostro sistema industriale un rapporto particolare, in funzione anche della sua natura: da un lato il numero relativamente basso di imprese in fase di start up e dall’altro la nutrita schiera di imprese di matrice famigliare di medie dimensioni.

Queste ultime, in particolare, sono quelle potenzialmente più interessate e più interessanti per gli investitori in capitali di rischio, anche in considerazione del fatto che queste imprese sono leader – a volte anche a livello internazionale – di segmenti di mercato che necessitano di investimenti in grado di supportare i necessari processi di innovazione e di crescita.

Nel settore delle costruzioni questo aspetto viene ancora di più esacerbato da un sistema industriale come quello delle costruzioni, caratterizzato da un universo di imprese di piccole e a volte micro dimensione con una patrimonializzazione minimale.

Un comparto economico che nonostante la crisi del 2008 abbia portato ad una rottura profonda con il mondo delle banche, nella maggior parte dei casi non ha fatto il salto per approdare al mercato dei capitali di rischio.

Sebbene siano presenti sul mercato strumenti di finanziamento alternativo al tradizionale canale bancario, come ad esempio i prestiti obbligazionari, meglio noti come mini bond, poche imprese del settore sono state protagoniste di operazioni di questo tipo, anche in considerazione del fatto che l’emissione e il successivo collocamento sul mercato presuppongono un progetto di crescita, di innovazione o internazionalizzazione.

Gli investitori nel capitale di rischio, infatti, hanno come target imprese in grado di avere nel proprio percorso una progettualità non a breve termine che in realtà fino a qualche anno fa era quasi impensabile per le realtà del settore delle costruzioni e del real estate.

Lavorare su progettualità a medio-lungo termine significa passare dall’essere assemblatori di componenti edilizie a diventare realtà strutturate di un sistema industriale efficiente, per consentire così alle aziende del settore, soprattutto quelle più organizzate di essere attrattive per gli investitori.

Quello che ci aspetta alla ripresa sarà un contesto competitivo agguerrito che farà della  capacità di investimento e di coinvolgimento attivo nei progetti di sviluppo un vero e proprio driver per essere vincenti.