La Regione Lombardia ha recentemente licenziato una normativa sul tema della rigenerazione e della riqualificazione che partendo dalla considerazione della necessità di dare nuova vita alle aree dismesse presenti sul territorio lombardo prevede alcune misure a favore degli operatori che decidono di riqualificarle. In estrema sintesi la norma prevede una premialità in termini di volumetrie per il recupero delle stesse in alternativa uno sconto in termini di oneri di
urbanizzazione.
Una misura questa che vede tutti gli attori del territorio coinvolti nel raggiungimento di un comune obiettivo: evitare che nei centri urbani di qualsiasi dimensione si trovino aree in totale abbandono in balia di un degrado non solo strutturale.
La normativa, che sicuramente prende ispirazione anche da quanto accaduto negli anni scorsi a Milano, vede coinvolte tutte le municipalità regionali, in un territorio dove i cambiamenti del
sistema economico hanno inevitabilmente cambiato il concetto di sito produttivo.
Ma se è vero che nelle nostre città esisteva fino a poco tempo fa una netta separazione tra centro e periferia, le operazioni di riqualificazione che hanno caratterizzato Milano nel recente passato e la caratterizzeranno nel prossimo futuro hanno come denominatore comune la rigenerazione e la realizzazione di nuove identità urbane in grado di annullare la distanza tra il centro e quella che una volta era definita la periferia.
In questo contesto, data per assodata l’attrattività del capoluogo lombardo sul mercato degli investitori, non si può dimenticare che il nostro paese è fatto da innumerevoli realtà urbane più o meno estese che rappresentano dei potenziali poli di interesse.
Senza scomodare, infatti, il tema delle città stato tipiche del periodo tardo medievale e rinascimentale, anche nel secolo scorso molte realtà urbane hanno vissuto un periodo di crescita e di sviluppo sia dal punto di vista demografico che di conseguenza sotto l’aspetto dello sviluppo urbanistico.
La crisi che ha colpito il settore nel suo complesso e i cambiamenti nelle modalità produttive hanno scritto un’altra sceneggiatura dove le città comprimarie di Milano nel film di questo nuovo ciclo immobiliare sono necessariamente costrette a recitare a soggetto.
Lo sforzo, che alcune realtà urbane stanno introducendo per riconquistare visibilità e riconoscibilità sul mercato nazionale ed internazionale, è palese.
Genova, Torino, Bologna, Firenze solo per citarne alcune stanno lavorando alacremente per valorizzare le proprie potenzialità. Nel catalogo delle “bellezze” da portare all’attenzione degli investitori tra gli edifici iconici e storici fanno la loro comparsa anche le aree dismesse.
Proprio da questa “legacy” viene la spinta per operazioni di rigenerazione urbana che grazie ad una profonda opera di riqualificazione portano al disegno di nuovi centri di urbanità ridisegnando completamente intere aree delle nostre città.
Spostandoci solo di piche centinaia di chilometri dalla Lombardia, alcuni anni fa, ho avuto modo di raccontare un interessante tentativo di rigenerazione urbana, attraverso l’innovativo strumento del crowdfunding: la Città del Vetro, ad Altare centro in provincia di Savona capitale riconosciuta dell’industria del vetro, tanto da ospitarne il museo e un festival di arte vetraria che richiama artisti da tutto il mondo.
La tradizione di Altare nella produzione del vetro risale, secondo le testimonianze, al XII secolo e si è protratto fino al XX secolo, con la produzione di vetri d’uso ”d’ogni sorta e maniera“, di vetri per la farmacia e gli ospedali, di articoli di valore artistico, cui si aggiunsero, nel Novecento, i vetri per la chimica resistenti agli sbalzi termici.
Nonostante il progetto sia di indubbio valore ed interesse, secondo alcune recenti notizie sulla stampa locale, il progetto non sembra essere riuscito ancora a decollare.
Quali le cause di questo stallo nel progetto? Sicuramente l’attitudine degli investitori a puntare sulle locations note, un potenziale di attrattività ancora tutto da sviluppare e la mancanza per la maggior parte dei territori di una visione di medio periodo che coinvolga tutti gli stakeholders in un dialogo pubblico-privato finalizzato ad attrarre capitali.
Questo può essere uno dei casi in cui una normativa che preveda premialità o vantaggi per gli operatori coinvolti nelle operazioni di rigenerazione, potrebbe costituire un interessante driver per attrarre capitali anche in aree definite periferiche.