real estate

Prendo spunto da un interessante articolo di Marco Luraschi de Il Quotidiano Immobiliare per fare alcune riflessioni sul concetto di mappatura degli investimenti nel real estate.

L’attenzione mediatica e degli investitori nel corso degli ultimi anni si è inevitabilmente concentrata su Milano che ha vissuto negli ultimi 10-15 anni un vero e proprio Rinascimento urbanistico che ha avuto come driver principale la riqualificazione e la rigenerazione di intere aree di città che erano state per molto tempo ad appannaggio dell’incuria e del degrado.

Un Rinascimento che ha la sua origine, a mio vedere, in un momento di profonda crisi come quello che ha vissuto il capoluogo milanese negli anni di Tangentopoli quando l’immagine di Milano Città da Bere si è frantumata sotto il peso degli scandali e della corruzione. Alle macerie di quel momento drammatico, tuttavia la città ha ripreso vita trovando non senza difficoltà una nuova immagine e un nuovo ruolo all’interno del contesto nazionale.

Se tutto questo è stato possibile e ha consentito al capoluogo lombardo di trovare un proprio ruolo nelle competizioni internazionali, il merito va ad una classe economica che forte di importanti fondamentali ha saputo resistere agli scossoni delle crisi che si sono susseguite nel corso degli anni e anche ad un sistema di governance pubblica che, a prescindere dal colore, si è posta come obiettivo quello di fare di Milano una realtà urbana in grado di misurarsi con altri campioni nazionale sullo scenario europeo.

Realtà urbane molto diverse tra loro che hanno rivestito nel corso del tempo ruoli diverse, dalle città d’arte e di tradizione a centri che hanno visto nel corso degli anni del boom economico il proliferare di stabilimenti manifatturieri.

Lo scenario in cui ci troviamo a competere si profondamente modificato. Il nostro sistema economico ha vissuto nel corso degli ultimi trent’anni circa, una radicale trasformazione, che ha lasciato nelle nostre città delle aree dismesse che rischiano di produrre degli scheletri abbandonati in periferie che, come è stato già sottolineato, si stanno trasformando in zone centrali. Inoltre, il patrimonio storico e artistico delle nostre città è spesso in balìa degli eventi atmosferici che sono sempre più irruenti e rischiosi, come tristamente evoca il dramma che vive Venezia in questi giorni.

Se questi sono gli scenari in cui gli operatori si sono trovati ad operare, è anche vero che il settore vede oggi l’emergere di nuove e diversificate asset class che possono anche essere sviluppate in città che potrebbero essere definite “secondarie”.

Lo student housing può trovare “casa” in diverse città universitarie; il senior housing, così di “moda” anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione potrebbe essere una location ideale in città affacciate sul mare come Genova che sta proprio puntando su quella che viene definita silver economy. Senza dimenticare l’importanza del comparto turistico che in un paese come l’Italia rappresenta uno dei settori trainanti, che sembra tuttavia mancare di un’industria dell’ospitalità adatta alle nuove esigenze della domanda.

La flessibilità dei nuovi modelli immobiliari consente, inoltre, la convivenza all’interno di singole aree di città di diverse funzioni che consentono ai quartieri di vivere sette su sette, ventiquattro su ventiquattro, lasciando al ricordo il modello di quartiere dormitorio o dei centri direzionali “spenti” da una certa ora in poi.

Inoltre, il patrimonio immobiliare da riqualificare e rigenerare non è solo di proprietà privata ma anche pubblica e in questo caso è gestito dall’Agenzia del Demanio che ne promuove la dismissione a favore di operatori privati.

In questo contesto così variegato, i casi di successo sono accomunati da alcuni elementi che ricorrono. Affinché il sistema di valorizzazione del patrimonio immobiliare possa diventare attrattivo per gli investitori è necessario che il sistema politico e la burocrazia dialoghino con il mondo degli operatori privati facilitando e velocizzando le procedure autorizzative.