real estate

La cronaca immobiliare dell’ultima settimana ha portato all’attenzione degli osservatori alcuni temi di rilievo soprattutto per il panorama di Milano a conferma del ruolo che il capoluogo della Lombardia sta giocando sul palcoscenico internazionale per il settore del real estate.

Al di là della querelle sull’eventuale demolizione dello stadio Giuseppe Meazza per far posto ad un nuovo stadio, altri immobili sono saliti all’onore della cronaca specializzata.

L’architettura che ha contraddistinto la skyline meneghina è, infatti, ricca di edifici che hanno visto la luce dalla matita delle grandi nomi dell’architettura in epoche anche molto diverse.

Quegli edifici che raccontano la storia della città, vivono in questo momento l’attenzione mediatica o per essere oggetto di transazioni rilevanti o per essere al centro di progetti di riqualificazione e rigenerazione.

Ma tornando alle guest star della settimana appena trascorsa, l’attenzione dei media si è posata sul complesso disegnato da Gio Ponti tra via Santa Sofia e Corso Italia, per anni sede della società di assicurazioni RAS e adesso di proprietà del gruppo Allianz e l’altro l’edificio disegnato dall’architetto Portaluppi nel quartiere di Brera.

Contrariamente a molti altri paesi, l’Italia è una di quelle nazioni dove è facile a trovarsi a contatto quotidiano con il “bello” e l’esemplificazione della cultura. Inoltre, chi come me ha un passato lavorativo nel mondo Confidustriale e in particolare a Milano, si è trovato a calpestare i pianerottoli che proprio Gio Ponti ha pensato per la sede della rappresentanza della meglio realtà industriale del paese.

Al di là di quelli che possono essere i gusti personali di ognuno di noi, l’aggettivo che  accomuna molti di questi beni è a mio avviso “iconico” sia per la maestria che testimoniano, ma anche per la loro innata capacità di mescolarsi con altre realtà architettoniche non sempre di altrettanto valore culturale e come tutti i tesori più rari attendono con ansia che qualcuno ne racconti la propria storia.

La sfida che attende la proprietà è quella di dare nuova vita agli edifici citati, non snaturandone la fisionomia originaria: per fare questo, fortunatamente, la tecnologia che va permeando sempre di più l’attività costruttiva può essere un valido supporto per una categoria, quella delle imprese di costruzione italiane, che fa del saper fare un brand che neppure la crisi più lunga che il settore possa ricordare ha messo in dubbio.

Il semplicistico sillogismo costruttori-cementificatori che ha dato vita alla “leggenda nera” del settore, seppur in parte vera, è smentita da una nutrita schiera di imprese che ha fatto della cultura, della preparazione e dell’amore per il proprio lavoro un mantra che permette loro di rappresentare a tutt’oggi un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale.

Le aziende vincenti, attualmente presenti sul mercato, hanno compreso che per riuscire ad esprimere al meglio le loro potenzialità vedono mettersi “in gioco” ripensando il proprio modo di essere impresa e il proprio approccio con un territorio che diventa sempre più una risorsa scarsa, realizzando un prodotto performante sotto molti aspetti e in armonia con il contesto circostante.

Può sembrare banale ma gli ingredienti di questa perfetta alchimia è fatta di imprese storiche ma in grado di assorbire l’innovazione, del dialogo con il mondo della progettazione e con la passione che porta ad emozionarsi alla vista di una gru, nel vedere crescere piano dopo piano un nuovo edificio o riportare alla luce la bellezza che è scaturita dalla matita di un architetto che ha trasportato su carta il sogno di un edificio.