real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

L’anno che si è appena concluso ha fatto registrare nel nostro paese ancora una cifra importante di investimenti, più 8 miliardi di € dopo il record registrato nel 2017 di più di 11 miliardi di € di controvalore. La cifra dell’anno appena conclusosi distingue una maggior diversificazione negli asset di investimento anche in considerazione di un mercato che non sembra rispondere adeguatamente alla una domanda.

Domanda che, nel corso di questi anni, si è profondamente trasformata anche in  considerazione di mutati stili di vita e di lavoro dando origine ad esempi di co-housing e co-working. Inoltre, uno degli elementi che hanno caratterizzato il nuovo trend dell’immobiliare è la sempre maggiore integrazione tra il comparto e la componente dei servizi, andando ad arricchire gli immobili di valore aggiunto come succede nel caso di edifici residenziali come gli studentati e le senior housing.

Proviamo a lanciare una provocazione: in considerazione della crescita del settore museale e della cultura, del ruolo delle strutture museali come driver per lo sviluppo delle città (in origine fu il Guggenheim Museum a Bilbao) e dell’importanza che l’industria culturale va a rivestire nell’economia nazionale, il real estate museale potrebbe essere considerato come un’alternative asset class di investimento.

In particolare, in modo sempre più frequente, l’arte dialoga con uno degli elementi di eccellenza soprattutto nel nostro paese: l’enogastronomia. E così, insieme a forniti bookshop in grado di corredare gli eventi espositivi di materiale di studio o gadget a tema, è possibile godere di gratificare il palato dopo essersi ben nutriti di arte e di cultura. Una componente di servizio che può arricchire notevolmente l’offerta di entertainment delle strutture museali.

Gli esempi di questo virtuoso matrimonio sono più numerosi di quanto si possa immaginare: tra gli altri il già citato Guggenheim di Bilbao, il MoMa di San Francisco e la recente apertura a Milano, nella storica Pinacoteca di Brera del “Caffè Fernanda” – omaggio a Fernanda Wittengs,  storica direttrice e prima donna in Italia a ricoprire il ruolo direttorio di un importante museo e galleria, oppure alla «Terrazza» in Triennale che sta diventando sempre di più una location per apertivi.

E’ in questo contesto che le strutture museali diventano un luogo di incontro e di scambio, un nuovo modello di piazza in cui ci si possa immergere in un’esperienza a 360 gradi, in cui l’arte e l’enogastronomia fungono reciprocamente da forza propulsiva.

E’ a dir poco affascinante soprattutto per chi ama l’arte e non disdegna il buon cibo e il buon vino, l’idea di poter godere in un solo luogo di due “piaceri”. Così come per il segmento degli shopping centres si parla di locations per eventi esperienziali, si potrebbe immaginare la stessa vision per l’ambito delle strutture museali.

Il valore aggiunto di queste tipologie di immobili è quella di poter rappresentare uno dei driver più innovativi per la rigenerazione urbana e per le politiche di marketing territoriale in grado di accrescere l’attrattività delle grandi città ma anche dei piccoli centri.

Inoltre, è possibile ipotizzare un’offerta turistica a 360 gradi con la possibilità di  collaborazione” tra i differenti enti museali presenti sul territorio, le strutture ricettive e la pubblica amministrazione quali erogatori ad esempio di servizi di trasporto.

Un modello di successo può essere anche un ottimo driver per le operazioni di project financing destinate al restauro del patrimonio storico con successiva destinazione museale che potrebbero veder ripagato l’investimento dai proventi derivanti dai servizi accessori.

Se questa tipologia di strutture ha raggiunto buone performance e track record di successo in molte nazioni, questo può essere ancora più vero per un paese come il nostro dove arte, cibo e vino rappresentano delle eccellenze diffuse su tutto il territorio.