real estate

by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

Il mese di ottobre, come da tradizione ha visto la presentazione alla Farnesina del Rapporto ANCE sulla presenza delle imprese italiane nel panorama mondiale.

Il campione delle imprese che partecipano alla rilevazione è costituito da 46 aziende di dimensioni differenti, che operano in 92 paesi in tutti e cinque i continenti. Il primo dato che salta all’occhio è l’evoluzione del fatturato generato all’estero dalle aziende italiane: + 17,8%, il valore più alto negli ultimi 10 anni. Il trend di crescita non è una sorpresa, ma la conferma di un andamento positivo in atto dal 2004, anno in cui il fatturato estero aveva raggiunto un minimo pari a 3 miliardi mentre nel 2017 ha raggiunto una soglia prossima ai 15 miliardi.

Quello che emerge è che ormai il peso dell’attività all’estero per le imprese del settore rappresenta il 74 % del fatturato totale.

Altro elemento di interesse è l’elevato numero di commesse aggiudicate all’estero nel 2017: 298 commesse per un valore di circa 17,5 miliardi di euro che, sommandosi ai cantieri in corso, raggiungono la cifra importante di oltre 811 operazioni per un valore superiore al 82 miliardi di €, a cui si devono sommare contratti di concessioni per oltre 25 miliardi frutto della collaborazione con imprese straniere.

In crescita anche il valore medio delle commesse, che si è attestato intorno ai 58 milioni di €.

Dal punto di vista della localizzazione dei cantieri, importante è la presenza per circa il 16% del totale delle commesse nell’Unione Europea, mentre le altre localizzazioni di spicco sono rappresentate dal Medio Oriente (15%), Africa Sub-Sahariana (14%) e Nord America (12%). Tra le nazioni più rappresentative dal punto di vista della presenza dei cantieri “italiani” si confermano il Qatar e l’Arabia Saudita. Una delle evidenze più rilevanti che emergono dal Rapporto di quest’anno è il progressivo “allontanamento” dai paesi in via di sviluppo, tradizionalmente connotati da un grado di rischio maggiore, verso i paesi OCSE, dove nonostante la concorrenza di altre potenze internazionali, in particolare delle imprese cinesi caratterizzate da dimensioni notevolmente superiori, il sistema delle imprese italiane di costruzioni riesce ancora a far pesare la propria expertise e il proprio valore, così come avveniva negli anni 50 e ’70.

Dal punto di vista della tipologia delle opere che vengono realizzate, nei cantieri attualmente aperti risultano predominanti le infrastrutture sia stradali ed autostradali, che ferroviarie e metropolitane. Continua con successo la crescita del peso dell’edilizia residenziale e non residenziale.

I numeri sicuramente sono significativi e importanti ma ci pongono di fronte ad un interrogativo centrale? Se all’estero le nostre imprese sono in grado di risultare appetibili per i committenti stranieri, come mai, con l’eccezione di alcuni best players che hanno saputo leggere nella crisi un segnale per cambiare radicalmente il proprio assetto aziendale e presentarsi strutturate sia dal punto di vista finanziario che sotto l’aspetto strategico, il settore soffre ancora e fatica a rialzarsi?

Una lettura interessante di questa fotografia, è stata fornita nel corso della conferenza stampa di presentazione dall’Ingegner Giandomenico Ghella – Vice presidente ANCE con delega all’internazionalizzazione che ha messo il punto su un settore che soffre di un eccesso di burocratizzazione che scoraggia le imprese, una tempistica nelle decisioni che mina in modo drammatico l’iter necessario all’avvio dei lavori, un’incontrollata vendita di certificazioni che ha portato ad una sempre maggiore frammentazione a cui non corrisponde un altrettanto elevata concentrazione di imprese con la professionalità necessaria. Come sottolineato ormai da anni il governo deve, inoltre, supportare sul fronte internazionale le imprese che sono in grado di competere attraverso una strategia paese che al momento sembra non essere all’ordine del giorno.

Le imprese italiane di costruzioni ci sono, e sono sopravvissute ad una crisi lunga e  drammatica, mentre il governo dal canto suo deve fare in modo che anche il mercato domestico abbia le condizioni per permettere alle aziende italiane di lavorare così come fanno ben in 92 paesi.

Original picture By Tomás Del Coro from Las Vegas, Nevada, USA – Oversize Load, CC BY-SA 2.0.