Cinque anni fa si svolgeva a Milano, nella cornice di Piazza degli Affari, la prima giornata della Collera, con una spianata di caschetti gialli a testimoniare la triste condizione di un settore che voleva, ha voluto e vuole tutt’ora vuole dimostrare che il suo contributo al PIL nazionale rappresenta un elemento fondamentale per la ripresa del paese.
L’iniziativa al momento fece molto scalpore perché per la prima volta i rappresentanti di un settore tradizionalmente caratterizzato da individualismi e limitata capacità di collaborazione, si erano uniti per dare voce ad un momento di difficoltà che ha toccato tutti, nessuno escluso.
A cinque anni di distanza, con un settore profondamente cambiato, si è svolta ieri a Roma nella sede di Ance in via Guattani 16, la conferenza stampa di presentazione del Manifesto per le elezioni politiche 2018 della Filiera delle costruzioni.
La crisi sembra finalmente alle spalle, i dati relativi alle compravendite sono positivi e gli investimenti in infrastrutture per i quali sono previsti importanti piani ma che non si sono ancora tradotti in cantieri e che stanno vivendo la “rivoluzione” imposta dall’entrata in vigore del Decreto sul BIM che impone un nuovo trend nella realizzazione e nella gestione dell’ambiente costruito.
Obiettivo del Documento, firmato da tutte le sigle datoriali della filiera insieme a professionisti e società di ingegneria, è chiedere a tutte le forze politiche impegni concreti per rimettere le costruzioni al centro delle strategie e iniziative di crescita del Paese.
Una protesta corale che deve essere l’input per coloro che si apprestano a guidare il nostro paese a prendere coscienza del fatto che non si può e non si deve dimenticare un settore che ha dato, nel corso degli anni, un forte contributo al PIL nazionale e lustro all’immagine del paese anche nel contesto internazionale.
Quali sono i punti che i soggetti della filiera delle costruzioni hanno inserito nel Manifesto che è stato presentato alle parti politiche?
Sono noti i temi che stanno a cuore al settore: certezza del diritto e dell’imposizione fiscale, semplificazione burocratica e snellezza nei procedimenti, ma anche necessità di una politica industriale del settore che porti ad investire in un comparto industriale che, soprattutto in certe asset class di investimento, può rappresentare un buon risultato in termini di rendimento.
In primis, non bisogna dimenticare i cambiamenti demografici e sociali che impongono trasformazioni radicali nel modo di costruire e di gestire il patrimonio immobiliare: il senior living e lo student housing, che iniziano a prendere piede anche nel nostro paese, impongono un modello gestionale fino ad oggi quasi del tutto assente. Il patrimonio immobiliare esistente che vanta un’anzianità piuttosto rilevante necessita di operazioni di riqualificazione e rigenerazione e anche le nostre città, che rappresentano il driver per la competitività della nazione, necessitano di opere strategiche in grado di renderle attrattive agli occhi degli investitori internazionali.
Al di là dei temi che sono stati inseriti nel documento e che da anni rappresentano elemento di confronto con le controparti pubbliche, quello che è emerso con forza nel corso della conferenza stampa di ieri è stata la presa di coscienza da parte degli attori della filiera che molto deve essere cambiato anche nell’approccio che gli operatori devono avere nei confronti degli interlocutori pubblici e del mercato e che non è più possibile operare in un’ottica che esuli dalla logica di collaborazione e filiera integrata.
Per un contesto produttivo come quello delle costruzioni, dove l’individualismo ha rappresentato per anni una caratteristica distintiva, dove il fare “rete” è sempre stato visto condiffidenza, il Manifesto rappresenta un cambiamento radicale di approccio e la presa di coscienza che non si tratta di immobili ad uso residenziale o di infrastrutture ma di “ambiente costruito” che deve rispondere a logiche di sostenibilità, di efficienza e di qualità.