Dal punto di vista dei settori che maggiormente stanno soffrendo degli effetti negativi del lockdown, c’è senza ombra di dubbio quello del turismo.
Un segmento che rappresenta una parte importante del PIL nazionale con il 5% per quanto attiene lo specifico settore, a cui si aggiunge il ritorno sulle attività in qualche modo legate al turismo, e che dipende in modo pesante dai flussi di turismo internazionale che potrebbero venir meno in questa strana estate, di un anno ancora più unico.
Un settore che, soprattutto per quanto riguarda l’ambito nazionale, è rappresentato da una grande frammentazione e da infrastrutture immobiliari ormai datate che necessitano di un ripensamento ma che potrebbe soprattutto in determinate location attrarre un turismo di prossimità che magari negli anni scorsi ha preferito mete più esotiche.
Tra gli elementi che saltano maggiormente all’attenzione vi sono la struttura imprenditoriale predominante rappresentata essenzialmente da aziende famigliari, con una presenza assai ridotta delle catene internazionali. A questa frammentazione di strutture societarie corrisponde spesso anche un’offerta di infrastrutture di piccole o medie dimensioni spesso ancora ancorate al modello delle vacanze anni ’70.
Per molto tempo il driver per la scelta delle destinazioni turistiche è stato la location, elemento che certamente non manca nello scenario nazionale, ma ora e soprattutto per il settore del turismo, le variabili su cui vengono basate le scelte sono molteplici e includono anche la qualità dell’offerta di strutture attrattive ed adeguate a rispendere ad una domanda sempre più esigente.
Come già evidenziato per altre asset class immobiliari, anche per le infrastrutture ricettive diventa fondamentale la dotazione di servizi accessori in grado di rendere fruibili le strutture anche alle mutate esigenze della clientela. Una clientela che potrebbe, ad esempio, decidere di trascorrere anche in località turistiche delle giornate all’insegna dello smart working.
L’asset class dell’hôtellerie che ha rappresentato nel 2019 una percentuale rilevante nel totale degli investimenti attraendo l’attenzione degli investitori anche su location magari secondarie ma dall’elevato valore storico, artistico e naturale, ha subito un indubbio rallentamento anche e soprattutto in considerazione della difficoltà di prevedere i tempi per il ritorno alla normalità.
Come ha sottolineato il Centro Studi di Duff &Phelps nel documento di analisi delle diverse asset class immobiliari una volta terminata l’emergenza sanitaria, il settore dell’hôtellerie potrebbe cogliere questo momentaneo rallentamento delle attività come un’opportunità in un’ottica più moderna dando vita a modelli di property e operating companies in grado di dare maggiore forza all’infrastruttura alberghiera, soprattutto di tipo tradizionale, contribuendo a migliorare il posizionamento competitivo del nostro paese nello scenario internazionale.
Il concetto di riqualificazione e rigenerazione tante volte utilizzato per il settore del real estate nel suo complesso potrebbe essere, nel caso delle infrastrutture turistiche, inteso come driver per la crescita di attrattività di molte località turistiche.
In considerazione del peso che il settore turistico e l’indotto ad esso legato hanno avuto, hanno ed avranno sulla struttura economica del nostro paese sarebbe opportuno tutti gli attori coinvolti nel processo produttivo legato al turismo collaborino per la definizione di una politica di sviluppo che incentivi sia la riqualificazione delle strutture e dei servizi ad esse connessi ma anche e soprattutto tutta quella serie di hard skills necessarie ad un territorio per attrarre turisti.
Un’evoluzione del concetto di partnership pubblico-privato all’insegna dell’attrazione e della valorizzazione delle ricchezze del nostro paese.
Foto di Corrie Miracle