Fine anno, tempo di bilanci e di programmazione per l’anno a venire anche dopo un annus horribilis: se il calendario ci dice che mancano ancora alcuni giorni alla fine dell’anno, è tuttavia già diciamo abbastanza diffusa la voglia di cambiare la pagina del calendario.
Ma quali sono stati i driver del Real Estate in quest’anno così particolare? Se dovessi scegliere le parole chiave che si sono ripetute negli articoli del 2020, sceglierei: rigenerazione, città, resilienza, tecnologia, design e strategie aziendali.
Iprimi due articoli dell’anno fornivano una lettura di due comparti economici che seppur strettamente collegati – il settore delle costruzioni e quello del real estate – sembrano muoversi a due velocità diverse: se le imprese edili nel loro complesso non sembrano ancora fuori dalla crisi degli anni scorsi, nel real estate Milano si è confermata come la star indiscussa che ha attratto su di sé l’attenzione e gli investimenti degli operatori nazionali ed internazionali e raggiungendo una nuova cifra record.
Un mercato quello del real estate che nel suo momento di massima per la quantità di fondi presentava alcuni trend incontrovertibili e che hanno visto un’accelerazione ancora più spinta dopo la prima ondata dell’epidemia : alcuni settori che devono “ripensarsi” e alcune asset class che vanno via via assumendo una maggiore rilevanza come ad esempio quello residenziale latu sensu.
Su questo scenario si è abbattuta la pandemia che ha messo tutti di fronte ad un inaspettato e per certi aspetti “traumatico” cambio di paradigma.
Al di là del doloroso bilancio di vite spezzate che non si è ancora concluso, ci si è trovati di fronte a nuovi modi di vivere quelli che per molti di noi sono domicili abituali: la casa e l’ufficio.
Abbiamo, necessariamente, trasformato le nostre abitazioni in uffici e scuole e gli uffici sono diventati luoghi praticamente deserti per molte settimane.
Proprio in questo scenario abbiamo avuto prova di quanto la digitalizzazione sia un’arma formidabile per essere sempre connessi e raggiungibili.
In questo contesto abbiamo messo in discussione il ruolo centrale delle nostre città, soprattutto quelle di dimensioni più importanti, a beneficio delle nostre località di villeggiatura. Cittadine in collina, montagna, mare o lago che improvvisamente ripopolate da un turismo di ritorno hanno dimostrato che la loro competitività ed attrattività risiede prevalentemente nella disponibilità di collegamenti informatici.
Nella stessa direzione si muove un nuovo concetto di turismo che all’insegna della flessibilità non rimane solo un’infrastruttura immobiliare esclusivamente per il leisure, ma riveste altre funzioni che potrebbero rappresentare un driver per sopperire alle conseguenze del calo dei flussi turistici tradizionali.
Conferma il proprio ruolo il settore dei servizi, che diventano sempre più centrali nell’offerta di infrastrutture immobiliari di ogni tipo fornendo una dotazione di utilities accessorie in grado di incrementare il livello di benessere e di salubrità di qualsiasi tipologia di edifici.
Se il modello del real estate, così come quello della città nel suo complesso deve essere necessariamente ripensato, lo stesso deve accadere per gli attori del settore.
E se rigenerazione è il termine che più frequentemente è stato utilizzato, è evidente che gli attori che possono mettere in atto questi processi sono quelle le imprese di dimensioni maggiori, in grado di dialogare con gli investitori istituzionali e che hanno compreso che il real estate e il settore delle costruzioni convergono sempre di più verso un settore industriale vero e proprio, offrendo un prodotto chiavi in mano corredato di servizi accessori che consentono una più efficiente gestione del prodotto immobiliare.
E come diceva Lucio Dalla nella sua celebre canzone “L’anno che verrà”, il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando.
Buon 2021, comunque!