Anche se con qualche giorno di ritardo, la scorsa settimana si è tenuta la consueta presentazione dell’Osservatorio Congiunturale di ANCE, a cura dell’Ufficio Studi, che mette il punto sui risultati del 2020 e fa delle previsioni sui possibili risultati dell’anno appena iniziato.
Innanzitutto, i dati più rilevanti dell’Osservatorio Congiunturale sono i seguenti:
- gli investimenti in costruzioni nel 2020 hanno segnato un calo del 10,1 % rispetto al
2019; - la stima per il 2021 degli investimenti in costruzioni segna un +8,6% rispetto al 2020, a cui contribuisce una crescita attesa degli investimenti del settore dell’edilizia abitativa del +11,3% e un incremento degli investimenti in manutenzione dello stock abitativo esistente del +14%;
- la fotografia attuale illustra un settore che in 12 anni, dall’inizio della crisi, ha visto un crollo del 75% dei propri livelli produttivi rispetto al 2008;
- Le opere di riqualificazione per quest’anno hanno fatto registrare un segno meno, anche se più contenuto rispetto agli altri comparti, grazie al mantenimento nei provvedimenti del governo delle agevolazioni per gli adeguamenti coperti da sismabonus, ecobonus e bonus facciate;
- nel settore pubblico è prevista una crescita del +6% per effetto della ripresa dei bandi di
gara, i grandi assenti di questi anni, soprattutto grazie al contributo dei bandi di ANAS e RFI; - dal punto di vista delle compravendite, il 2020 ha segnato una consistente battuta l’arresto rispetto all’anno precedente tanto da determinare un calo nel primo semestre del 21,8% rispetto al corrispondente periodo del 2019;
- altrettanto negativo l’andamento dei permessi di costruire che hanno interrotto il
ciclo espansivo che ha avuto inizio nel 2015; - il tutto in un contesto di economia nazionale che non si è ancora ripresa dallo shock della crisi e che anche per il 2020 ha fatto registrare un pesante calo nel PIL.
La situazione descritta dal Centro Studi dell’ANCE fornisce una fotografia precisa di un settore che si è fisiologicamente trasformato, e che nonostante l’ondata della crisi più profonda è passata non smette di pagare un prezzo elevato in termini di imprese e di lavoratori fuoriusciti dal mercato.
Il tessuto imprenditoriale si è trasformato ed è oggi composto da imprese sempre più piccole con una decisa inclinazione verso settori attinenti ai lavori di costruzione specializzati. Lo scenario attuale è caratterizzato da una polarizzazione tra le grandi iniziative di rigenerazione e di nuovi sviluppi urbani da una parte, mentre dall’altra si posizionano le opere di riqualificazione che spesso si identificano con la micro-riqualificazione.
Le sfide con cui si confronta il mondo del real estate e delle costruzioni sono quelle della definizione di un nuovo contesto dell’immobiliare e della rigenerazione dei modelli urbani in cui ci troviamo ad operare.
In un momento come quello attuale, sembra diventare quasi inutile provare a guardare un po’ più in là rispetto agli stretti confini che la pandemia e il rischio del contagio ci hanno imposto. Infatti, come è stato più volte ripetuto, come l’evento inaspettato della pandemia, nel corso degli ultimi dodici mesi, ha in qualche modo scardinato le certezze in termini di utilizzo degli spazi e di conseguenza della loro destinazione d’uso.
Mail punto non è se il nostro modo di utilizzare spazi personali o pubblici ritornerà quello di prima o se prendendo atto di come siamo cambiati ci adatteremo alla nuova realtà adattando il nostro modo di essere parte della filiera del real estate e delle costruzioni. L’essere umano, è per sua natura un “animale” sociale che tende a ricercare una situazione di confort reale e apparente in ogni situazione: insomma ci si adatta. Adattarsi alla situazione nuova è quello che abbiamo obtorto collo in questi mesi, adeguando le nostre case. a trasformarsi in location di lavoro; abbiamo inevitabilmente cambiato il nostro punto di vista e quindi la nostra “visione”.
E’ necessario quindi partire proprio da questo termine: visione, che fa il paio con il termine costruzione declinato in tutte le possibili lingue del mondo.
Come magistralmente raccontato da Federico Rampini nella sua ultima fatica “I cantieri della storia”, dopo ogni guerra c’è stata una costruzione che in alcuni casi ha visto a volte l’erigersi di edifici iconici con il proprio seguito di ricadute sull’economia sempre di grande rilievo. Ricostruzione che non può e non deve prescindere da un ruolo determinante degli attori del settore delle costruzioni e del real estate e dal suo intrinseco rapporto con il mondo della pubblica amministrazione.
Partiamo proprio da questo ultimo elemento. La necessità delle nostre città di “cambiare pelle” non solo nelle insegne delle attività commerciali che si trovano al piano terra, porta soprattutto nelle realtà urbane di maggior dimensione alla necessità di ripensare il proprio piano strategico di sviluppo non solo nell’ottica di più o meno metri quadri urbanizzati o riqualificati, ma anche e soprattutto di attrattività e di infrastrutture immobiliari in grado di
sostenerne i flussi in entrata
Un sistema in grado di rispondere agli stimoli che vengono dalla potenziale offerta deve necessariamente confrontarsi con un mondo imprenditoriale che sia pronto a fornire le migliori proposte in termini di prodotto e di servizio da proporre al mercato.
Una sfida importante per le imprese che devono sempre di più farsi interpreti di un nuovo modo di concepire il prodotto finale, che va via via perdendo il suo contenuto più tradizionale virando verso un prodotto caratterizzato da innovazione e servizi.