real estate

L’appuntamento annuale con il Forum di Scenari Immobiliari nella cornice del golfo del Tigullio ha fornito una fotografia del mercato immobiliare nazionale che non lascia molti dubbi di interpretazione: il mercato domestico sta attraversando, in questo momento, una fase
di passaggio che prelude dopo un difficile 2020 ad una fase positiva per il 2022.

La fotografia fornita ci racconta di un paese che in questo momento sta cercando la propria strada per un settore fondamentale per l’economia nazionale anche in considerazione delle ricadute sull’indotto di imprese rappresentative di molti diversi codici ATECO.

I dati presentati e le testimonianze degli operatori, quindi, hanno confermato le tendenze già in atto nel mercato ormai da tempo, che possono essere così riassunte:

  • un crescente interesse da parte di investitori e “utilizzatori
    finali” per il settore residenziale,
  • nuovi paradigmi del segmento direzionale,
  • una nuova concezione delle infrastrutture ricettive,
  • una tendenza all’ibridazione delle funzioni in diverse tipologie
    di infrastrutture immobiliari, a cui fa da sfondo una crescente
    propensione al tema della rigenerazione e della riqualificazione
    urbana.

Ed è proprio questo il driver che fa sfondo al nuovo mercato del real estate, in buona parte del nostro paese eccezion fatta per alcune sparute realtà urbane di piccola dimensione, destinate ad una gamma di utenti limitata. Sarebbe, infatti, realmente utopistico che questo fenomeno possa essere replicato su diversa scala su tutte le realtà urbane del nostro paese.

Quindi, il recupero delle aree dismesse, e la “rimessa in gioco” di intere parti di città con nuove destinazioni d’uso rappresenta senz’ombra di dubbio uno delle direttive di maggiore impatto per tutta la filiera del real estate e delle costruzioni del nostro paese.

Complesse operazioni che si svolgono in molte delle nostre città, vere protagoniste dello sviluppo e che nel nostro paese non sono identificabili esclusivamente con le grandi  metropolitane di Milano e Roma, ma che sono rappresentate da una un’ampia gamma di città
cosiddette medie o “provinciali”.

Il lascito delle aree industriali in molte delle nostre città rappresenta, infatti, una oggettiva possibilità per operatori ed amministrazioni di dare vita a nuove centralità, in una ricerca  ostante di luoghi di aggregazioni in grado di soddisfare una domanda profondamente diversa e in costante mutamento.

Ma se la domanda di immobiliare è cambiata e conseguentemente anche l’offerta, è anche  vero che il settore del real estate e delle costruzioni si è arricchito nel corso degli ultimi anni di una componente di servizi funzionale alla gestione e all’utilizzo stesso degli immobili.

Una componente che non deve essere concepita come ancillare alla parte “hard” dell’infrastruttura immobiliare ma, che deve essere inserita nel pacchetto di offerta per una domanda che non è più alla ricerca del semplice contenitore ma che auspica di trovare un prodotto in grado di soddisfare le proprie esigenze a costi prestabiliti e con tempi ridotti.

La digitalizzazione, quindi, e il crescente peso delle attività di proptech ne sono gli elementi più marcati soprattutto per questo nuovo ciclo immobiliare, che deve necessariamente rispondere a paradigmi di sostenibilità a tutto campo sempre più centrali per le strategie di investimento degli istituzionali.

Un settore che ha fatto della propria storicità e della forza della tradizione il fondamento per una trasformazione crescente: il settore, il cui mantra è stato per decenni “si è sempre fatto così”, si è trasformato e i principali operatori hanno dimostrato una crescente capacità di  adattamento al cambiamento che ha consentito al settore di aprirsi, a volte optorto collo, agli
investitori istituzionali, al marketing, alla tecnologia.