Il Friuli Venezia Giulia è una tra le regioni più interessanti del panorama nazionale sotto molti punti di vista: per storia, territorio, forte caratterizzazione dal punto di vista enogastronomico, ma anche per un sistema imprenditoriale che ha unito un ricco patrimonio di piccole e medie imprese a veri e propri campioni sullo scenario internazionale.
E’ proprio in questa terra, non facile anche dal punto di vista dell’orografia e della geografia, ma così vicina alla cultura mitteleuropea, che ha preso vita qualche mese fa un interessante esempio di integrazione di filiera che riguarda in primis il mondo del legno arredo: il Sistema Casa Friuli Venezia Giulia.
Infatti, è stato costituito nei primi mesi del 2018 un cluster arredo che ha come obiettivo quello di creare una rete tra le imprese del territorio per aiutarle a fare il salto di qualità per affrontare con una logica di sistema anche il tema complesso dell’internazionalizzazione.
Qualcuno dirà: dove è la novità? Nel sistema manifatturiero italiano è piuttosto diffuso il modello della rete in un’ottica strategica che permette di guardare ad un mercato più ampio, soprattutto per aziende che hanno fatto dell’export una voce importante del proprio fatturato.
La novità, in questo modello di integrazione, è rappresentata dal fatto che nella consulta che ne redige la strategia sono state coinvolte anche le imprese del settore delle costruzioni.
Infatti, Valter Lorenzon – presidente dei costruttori giuliani – fa parte di questa consulta ed ha recentemente dichiarato come questa sia “un’ulteriore opportunità che la nostra categoria deve cogliere, in cui l’edilizia deve essere protagonista nella costruzione di scenari futuri economici e sociali.”
Nel corso degli anni della crisi sono uscite dal settore 118.000 imprese e la loro riduzione si è generalizzata a livello nazionale. Il settore è estremamente frammentato con una dimensione di poco inferiore a 2,6 addetti e un giro d’affari molto contenuto.
Questi lunghi anni hanno profondamente modificato il tessuto produttivo del settore, la crisi ha infatti colpito le imprese medie o medio grandi e tendenzialmente più strutturate.
Il tessuto imprenditoriale si è trasformato ed è composto da imprese sempre più piccole con una decisa inclinazione verso aziende che operano in settori attinenti ai lavori di costruzione specializzati.
Alcuni anni fa ho avuto occasione di collaborare alla realizzazione di uno studio sulla struttura delle imprese del settore dove venivano indicati alcuni dei possibili driver per la sopravvivenza delle aziende.
Oggi lo scenario è decisamente cambiato, polarizzandosi verso le grandi iniziative di rigenerazione e sviluppi urbani e la riqualificazione che spesso si identifica con la micro riqualificazione.
Ma se la micro riqualificazione è ad appannaggio delle imprese artigiane, le imprese più strutturate dovrebbero imparare a dialogare con un nuovo genere di committenza cercando di muoversi in direzioni diverse, come ad esempio l’industrializzazione del processo produttivo, l’integrazione della filiera e il Project Management.
Per essere in grado di offrire prodotti richiesti dall’attuale committenza, è quanto mai necessario avviare processi di integrazione a medio-lungo termine, superando la logica di aggregazioni temporanee e ad hoc.
Semplificando, le imprese di costruzioni dovrebbero compiere il medesimo percorso già effettuato dalle grandi aziende del settore automobilistico puntando su un prodotto arricchito di valore aggiunto e su alleanze strategiche anche tramite operazioni di fusione ed acquisizione.
L’esempio del Sistema Casa Friuli Venezia Giulia rappresenta un esempio del grado di resilienza del sistema produttivo nazionale e di come le nostre imprese siano in grado di eccellere anche nei mercati internazionali quando decidono di fare squadra.