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by Valentina Piuma. Blogger, Economia, Centro Studi.

L’isola de Il gattopardo, la Sicilia, si prepara ad accogliere il mondo in una delle sue città più iconiche – Agrigento – designata Capitale della Cultura nel 2025. Motivo di vanto e di orgoglio per un territorio ricco di storia e di tradizioni e un’occasione unica per celebrare, ancora una volta, il ricco e diffuso patrimonio culturale dell’isola e promuovere il turismo internazionale, trasformando la Trinacria in una delle tante destinazioni che il nostro Paese ospita.  E fin qui, nulla da obiettare, anzi solo da esultare ma, dietro il velo di festa e celebrazione, si nasconde una realtà più cruda: mancano le infrastrutture, e non solo quelle di trasporto.

Come è naturale pensare, l’annuncio di Agrigento come Capitale della Cultura 2025 è stato accolto con entusiasmo e speranza da parte di cittadini e autorità locali. Un’opportunità per mettere in luce le ricchezze storiche, artistiche e culturali di un territorio con una storia millenaria, un libro di storia dell’arte a cielo aperto che abbraccia l’arte ellenica della Valle dei Templi fino alle affascinanti strade delle città barocche.

Tuttavia, l’entusiasmo iniziale si scontra con una realtà impietosa: il cronico gap infrastrutturale di cui l’isola soffre. Un divario infrastrutturale che non è limitato ai mezzi di trasporto (sistema stradale e ferroviario non adeguato al tempo, difficoltà nei collegamenti con il “continente”) ma anche e soprattutto, un sistema idrico fragile e obsoleto, che potrebbe compromettere seriamente il successo dell’evento. Il sistema idrico della Sicilia, infatti, è caratterizzato da una serie di debolezze strutturali e gestionali che ne minano l’efficienza e l’affidabilità. Le perdite d’acqua, causate da condotte fatiscenti e perdite di pressione, sono diffuse in tutta l’isola, con Agrigento che non fa eccezione. Le carenze nell’approvvigionamento idrico e le interruzioni frequenti rendono difficile garantire un servizio adeguato, sia per i residenti che per i visitatori.

Questa situazione critica non solo compromette la qualità della vita dei cittadini locali, ma mina anche l’attrattività dell’isola per investitori del settore hospitality e per i turisti.

Infatti, il turismo culturale e non solo dipende fortemente dalla disponibilità di infrastrutture efficienti e servizi affidabili, che non possono prescindere dall’approvvigionamento idrico e dai variegati utilizzi della risorsa “acqua”. Senza queste fondamenta, l’esperienza turistica rischia di essere compromessa, scoraggiando potenziali investitori e visitatori e danneggiando l’economia locale.

Sfortunatamente, Agrigento non è un caso isolato. Molte altre località potenzialmente di grande interesse per i flussi turistici nazionali e soprattutto internazionali subiscono il danno di un sistema infrastrutturale, sotto vari aspetti, deficitario. Dal punto di vista viario, ad esempio, la difficoltà per chi predilige muoversi in modo “sostenibile” di raggiungere molte aree del nostro paese rappresenta un limite per molte realtà locali che nel loro “beato isolamento” vedono scemare l’attrattività e il valore stesso della rendita fondiaria. Inoltre, come sottolineato da più voci, il paese necessita di un sistema di hub intermodali che consentano, soprattutto nei periodi di maggior afflusso turistico, a turisti e cittadini di muoversi salvaguardando uno degli elementi più importanti della nostra vita: il tempo.

La nomina di Agrigento come Capitale della Cultura 2025 dovrebbe diventare l’occasione per celebrare il meglio della Sicilia e attrarre l’attenzione internazionale. Tuttavia, se non si affrontano con determinazione le sfide infrastrutturali, rischiamo di sprecare questa preziosa opportunità. È fondamentale che le autorità locali e nazionali collaborino per investire, nel caso di specie, nella modernizzazione e nell’ampliamento del sistema idrico siciliano, garantendo così un futuro sostenibile per l’isola e valorizzando il suo straordinario patrimonio culturale